venerdì 18 maggio 2007

Silver Haze | due

Ne odore di caffè ne caldi raggi luminosi svegliarono Marco quella mattina.
Il dormiveglia era durato parecchio. La notte lunga. Parecchi sussulti. Troppe volte girato a guardare l’orologio, nella speranza che fosse tanto tardi da svegliarsi. O tanto presto da sperare ancora di potersi addormentare, sognare altro, dimenticare.
Fu l’elettronico trillo del telefonino, fallite le aziende produttrici di sveglie, a riportarlo definitivamente nel mondo reale dove il suolo dona spine e cardi all’uomo e lui risponde concimandolo col sangue.
Si sentiva poco riposato, sfatto, con un leggero mal di testa e con zero voglia di fare le milioni di cose che lo aspettavano. Decise che farsi una doccia sarebbe stato un buon modo per riprendersi e scaricare la tensione, anche muscolare, che aveva accumulato durante la notte. Direzionò la leva dell’apertura dell’acqua su una temperatura piuttosto calda e la sollevò per intero. Getti spessi di acqua calda e potente lo colpirono sulle sue spalle larghe. Inarcò di riflesso la schiena e si godette quel momento di quasi dolore.
I recettori deputati al riconoscimento della temperatura cutanea hanno soglie di stimolo limitate, vale a dire che superati quei limiti, non sono più capaci di fare il loro lavoro. Se nell’intervallo di pertinenza essi sono capaci di inviare segnali al cervello in modo che questo sia in grado di poter compiere paragoni tra temperature diverse e quindi riconoscerle come differenti, al di fuori di esso, tali recettori segnalano una sola cosa: dolore. Diventa di secondaria importanza distinguere due temperature differenti, l’una più piacevole dell’altra magari. L’utilità prima diviene segnalare il pericolo. Di ustione. O di congelamento. Esistono priorità.
Esistono nella vita di tutti, solo che Marco non aveva individuato ancora le proprie e si lasciava trascinare dal flusso di eventi che si presentavano di volta in volta nella propria vita. Tutto il resto era piuttosto schematico e segnato: tutto come previsto, tutto come disegnato da un ritrattista da due soldi ad una fiera di un paese lontano e poco interessante.
Il dolore, se tale poteva essere chiamato, era l’unico modo che aveva per chiudere quel maledetto mal di testa in un cassetto e dimenticarselo lì per un po’.
Che poi quel mal di testa fosse in realtà uno spleen di quel periodo lo convinse a spararsi addosso acqua ancora più calda.
E a spararsi in testa una dose sufficiente di thc.
Di primo mattino non poteva farsi una canna con la Jack Herrer. Distruttivo ibrido multiplo di Northern Light, Skunk ed Haze. Andò a controllare se in cucina gli era rimasta un po’ di Silver Haze. Più soft, morbida, relax, arrotonda gli spigoli, il pesante diviene di nuovo più leggero. Sicuramente migliore per iniziare la giornata. Era stata Kya a procurargliela. La trovò, ma era poca cosa: doveva ricordarsi di chiederle se poteva portargliene un po’ al Minnie blu.
Fece una canna e la fumò molto lentamente, tanto da abbandonare i suoi intenti di andare ai corsi. Rimandò nuovamente.
Vaffanculo le priorità, vaffanculo tutto il resto…

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