giovedì 24 aprile 2008

Ricordi di Kashmiri

Tornò a casa e la porta del bagno era aperta. Notò questo dettaglio con la coda dell’occhio, mentre entrava nella sua camera da letto. V’era una innaturale semioscurità: la notte era infastidita dalle luci artificiali che provenendo dall’esterno disgregavano il buio pesto che nessuno forse conosce.
Era un dettaglio: la porta del bagno aperta. Ma bastò.
Un flusso di coscienza inarrestabile percorse, centimetro per centimetro, la testa di Luca, fulmineo più della luce, ma al tempo stesso pesante come un’emicrania che lascia dietro di sè un dolore diffuso al corpo intero.
Gli venne in mente l’immagine del suo gatto: Morgana. Aveva 8 anni quando glielo regalarono dicendogli che era un femmina. Poi scoprì che in realtà era un maschio, ma Luca decise di non cambiargli il nome, nell’idea che una cosa continua ad essere se stessa anche se la si chiama in altro modo. E Morgana rimase.
Erano passati 17 anni fino ad allora e per chi ne ha 25, 17 rappresentano l’intera vita vissuta. Ogni episodio della propria vita era collocabile in una fase in cui lui, Morgana, c’era. Solo chi possiede animali e ci vive, ci gioca, ci parla, riesce a capire il rapporto che può crearsi.
Quando faceva buio il gatto dormiva nel bagno adagiato nel bidet adibito a cuccia per lui: era un bel po’ di tempo, quasi dall’inizio, che aveva preso questa abitudine e loro, Luca e i suoi, la avevano assecondata. Gli impedivano però di accedere alle camere da letto durante la notte. Per cui la porta del bagno quando si dormiva era tassativamente chiusa. E così per quasi 17 anni.
Luca usciva per poi rincasare agli inizi della notte quando ormai Morgana e i suoi già dormivano. E per lui era ormai scontato che quella porta fosse chiusa.
Morgana li aveva lasciati da poco, passando a miglior vita se ne esiste per loro o rincarnandosi in altra forma, vivendosi una delle molteplici vite di cui i gatti sono leggendari.
Morgana li aveva lasciati da poco, troppo poco perché Luca stesso o i suoi perdessero l’abitudine a chiudere quella porta. Negli ultimi giorni, gli venne facile ed automatico ricordare, l’aveva trovata comunque chiusa. Quella notte invece, la porta, quella dannata porta, era aperta.
E questo bastò perché nella mente di Luca riaffiorassero tante immagini: quella volta in cui nessuno dei due, né lui né il suo gatto, riuscivano a dormire. Luca si lamentava dentro, Morgana miagolava a squarciagola. E allora si fumarono una canna di Kashmiri o meglio lui la fumò mentre il gatto faceva le fusa raggomitolato nell’incavo della sua ascella, entrambi stesi sul letto e così si addormentarono.
Immagini su immagini riemergevano. Ricordi su ricordi.
Una amara tristezza si impadronì di lui. Morgana non c’era più.
La porta aperta faceva equazione con la morte.
Zero uguale zero.
E in quell’equazione agli zeri Luca poteva sostituire quello che realmente restava.
I ricordi. Il suo nome.
Pensò ad una delle sue ultime letture: Eco.
stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus
Ci restano solo i nomi.
Morgana…


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