sabato 26 aprile 2008

Ricordi di Kashmiri | 7 secondi dopo...

Neve in basso. Il cielo scuro in alto. E poi alberi come abbracciati tra loro… Fitti e numerosi lasciavano nascosto tra loro uno spazio circolare. Nella penombra. La luna era lontana e la luce che vi arrivava era regalata di rimbalzo dal cielo esattamente al di sopra di quella pausa nel manto verde che era visibile dall’alto. Ma la luce come riflettendosi nel cielo scuro della notte, gli strappava colore, lo alleggeriva del suo profondo blu, disperdendolo tutt’intorno. Il crepuscolo in quello spazio era quindi blu. Finanche la neva sembrava contaminata, risultandone un cobalto calmo e rilassante alla vista.
Sulla neve due samurai lottavano.
Il primo ebbe la meglio esattamente per 7 secondi.
Tornò a casa e la porta del bagno era aperta. Notò questo dettaglio con la coda dell’occhio, mentre entrava nella sua camera da letto. V’era una innaturale semioscurità: la notte era infastidita dalle luci artificiali che provenendo dall’esterno disgregavano il buio pesto che nessuno forse conosce.
La coscienza di Luca si era imposta, obbligando il suo organismo ad un flusso di ricordi vividi.
La pressione sanguigna si alza, il cuore pompa in leggera tachicardia, la sostanza reticolare si attiva, scarica ad una maggiore frequenza chiamando in gioco il sistema limbico, roccaforte delle emozioni. Una amara tristezza si impadronì di lui. Ma poi la sua ragione placò il suo animo.
Il secondo samurai passò al contrattacco.
Schizzi di sangue rosso cupo macchiavano la neve blu cobalto.
Quando interagiamo con il mondo esterno applichiamo un filtro agli imput che ci stimolano. Raccogliamo il cuore dell’informazione, di quello che accade, di quello che stiamo guardando e ascoltando. Tralasciando i dettagli. Solo una visione preventivamente indirizzata verso la memorizzazione dei particolari, ci rende capaci di ritenere queste informazioni altrimenti considerate superflue. Ma questo succede quando la scena che ci si pone dinanzi è qualcosa di nuovo, un’immagine da scoprire, un’azione da interpretare. Al contrario quando interagiamo con qualcosa di già conosciuto, posto dinanzi ai nostri occhi quotidianamente, è il dettaglio fuori posto, il particolare che differisce, l’anomalia a colpirci, a rubare il nostro sguardo e la nostra attenzione.
Era un dettaglio: la porta del bagno aperta. Ma bastò.
La sua ragione prese il sopravvento e Luca iniziò a pensare a come la visione fosse uno strumento non rigido, non fisso, ma modulabile. E quindi anche non preciso. Ne aveva avuto dimostrazione durante la lezione con il suo professore. Il punto cieco. Ma ora anche questo… e per lui che voleva fare il fotografo, tutte queste considerazioni divenivano questioni di primaria importanza. In che modo la fotografia poteva sostituirsi alla visione? L’obiettivo era la naturale appendice del suo occhio, ma poi, a foto stampata, era un nuovo occhio a filtrare le informazioni, a scegliere quali dettagli conservare nella memoria… era un cane che si mordeva la coda…
Triste e con la testa pesante Luca si appoggiò sul letto: voleva fumarsi una canna.
Ma quel dettaglio lo paralizzò.
Quel dettaglio si impossessò di lui.
Quel dettaglio lo dominò per l’intera notte.


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