martedì 7 luglio 2009

Black Bombay

Aprì la finestra per far entrare un po' d'aria. Era nuda, ma la finestra della sua camera dava su un piccolo boschetto non molto fitto che si dipanava alle spalle di casa sua. Nessuno avrebbe potuto vederla, né nuda né in nessun altro modo. Prese il piccolo innaffiatoio di finto design che aveva comprato qualche mese prima da Ikea, quando aveva deciso che le piante avrebbero potuto sostituire il muro come compagno dei suoi discorsi notturni. Si era impegnata ed era stata anche abbastanza capace: ora il davanzale della sua finestra ostentava petunie rosa e piante bulbose dai fiori arancioni, oltre che ibiscus e qualche sempreverde di cui non conosceva il nome. Inclinò l'annaffiatoio e l'acqua iniziò a sgorgare bagnando le foglie, scorrendo su di queste fino a gocciolare su un terreno arido che non aspettava altro momento dal giorno precedente. Qualche insetto che non poteva riconoscere svolazzò via, allontanandosi dal pericolo. Luisa avrebbe dovuto mostrare paura, ma invece continuò a nutrire le sue piante. Ne faceva un discorso probabilistico: 1 su 3.
Aveva letto da qualche parte, forse su una rivista di divulgazione scientifica, qualcosa a proposito del colore degli insetti. Era rimasta impressionata. In natura tutto sembra aver un perché o forse è l'uomo che è capace di trovare sempre un perché alle cose. Lei alla fine una spiegazione se l'era data e si era detta che l'evoluzione, ovvero la fottuta arte di sopravvivere a questo mondo, aveva fornito un significato biologico a tutte le cose così come le vediamo noi oggi.
La colorazione degli insetti può essere suddivisa in premonitrice, foberica o mimetica: la prima è propria delle specie che non hanno nulla da nascondere, anzi che hanno qualcosa da paventare; è pressappoco come il giornalista che appende al proprio collo il tesserino "press" o come il cartello "attenti al cane" posto in bella vista sul cancello di sfarzose ville. In altre parole i colori premonitori sono di quegli insetti col pungiglione. Sono lì a dichiarare, in virtù dell' io pensante entomologico: io vado sui miei fiori e voi mi lasciate in pace! Le colorazioni mimetiche appartengono invece a quelle specie che, pur di sopravvivere e incapaci di offendere, si travestono da gradassi, da insetti velenosi, o che si nascondono, imitando, l'ambiente circostante, appunto mimetizzandosi. Alle specie foberiche manca invece in comportamento imitatorio, la capacità di imitare, e le loro colorazioni producono immagini terrifiche senza una specifica e appropriata corrispondenza a organi di offesa.
Luisa non era un'esperta di insetti e non poteva affermare con sicurezza se quegli insetti poggiati proprio sulle sue piante, fossero di una specie o l'altra. Sì! apparivano brutti, velenosi, aggressivi, ma in quella fase della sua vita era incapace nella valutazione dei rischi e le era più semplice ragionare in termini probabilistici: quegli insetti avevano il 33,3 periodico di probabilità di avere sul proprio guscio croccante colori realmente premonitori.
1 caso su 3.
Alta frequenza, ma accettabile.
Con questi pensieri Luisa finì di innaffiare le sue piante, socchiuse la finestra, lasciando un piccolissimo spazio inadatto all'ingresso di grossi insetti e si rimise nuda a letto, recuperando una mezza canna di Black Bombay, lasciata la sera prima a spegnersi nel posacenere. L'accese continuando a riflettere al suo esercizio di stile coi numeri, le probabilità e le frequenze.
L'errore di fondo che aveva commesso e che forse rendeva numeri da giocare i risultati delle sue operazioni era il seguente: Luisa si trovava in Italia, grossomodo all'altezza del 41° parallelo, a due centimetri da livello del mare e per di più in una metropoli. La probabilità che quegli insetti non fossero api, vespe o calabroni, ma sesidi, sembrava ora essere bassissima.

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