sabato 25 luglio 2009

Sinsemilla | tre

Erano rimasti in silenzio per un bel po’. Ognuno con la mente che scivolava lungo i nastri del pensiero, veloce come non mai. E il silenzio tra loro. Un silenzio riflessivo. Nonostante la comunicazione, nella più immediata delle possibilità, passa attraverso la parola, Marco e Kya stavano paradossalmente mettendosi a nudo. Non parlavano, le loro bocche socchiuse senza emettere alcun suono, parola o lamento: ma si stavano raccontando.
Esistono diversi tipi di silenzio: di sottomissione, di vergogna, di comunicazione non verbale, di paura, di delusione o di gioia e tanti altri ancora. Come gli eschimesi hanno numerose parole per definire il bianco, un colore che a noi pare grossomodo sempre uguale, ne colgono le infinite sfumature, gli infiniti sensi e significati, così valeva anche per il silenzio. Kya stava pensando proprio alla differenza che esisteva tra il silenzio che aveva dominato la scena tra lei e Marco per qualche minuto e quello che invece divideva da molti giorni ormai Marco dal destinatario segreto di quella lettera aperta. Sapeva che stava struggendosi, consumandosi nel non poter condividere il suo quotidiano con chi voleva, sentendosi sconfitto laddove una battaglia non esisteva.
“Da quanto tempo non la senti?” fece lei.
Marco chiuse gli occhi e così si voltò in direzione del sole, guardando con le palpebre abbassate quel tondo luminoso che sembrava essere arancione.
“Da troppo” rispose “è successo di tutto nella mia vita e lei non lo sa ed io mi sento perso: le decisioni che ho preso, le scelte fatte, le cose a cui ho rinunciato: è come giocare una partita di rugby indossando improvvisamente un’altra casacca. Credevo tante cose e poi… svanite nel nulla, avevo riposto fiducia e speranze nel mio futuro, avevo creduto che potesse andare in una determinata direzione e poi, all’improvviso trovarsi davanti ad una porta chiusa: devi cambiare strada, eppure non hai la minima idea di dove ti trovi e dov’è che vuoi arrivare”.
Gli occhi di Marco erano ancora chiusi, ma una lacrima si fece strada tra la rima palpebrale per scorrere via lungo la sua guancia. Kya si trovò in difficoltà per la prima volta e non perché Marco stava piangendo, ma perché era difficile seguire il suo discorso: in meno di trenta parole stava esprimendo tutta la sua crisi.
Era come se avesse davanti ai suoi occhi un nodo ingarbugliato da milioni di nastri, fili e corde e non sapeva da dove cominciare: ne prese uno a caso, o forse no, e tirò decisa, ma con delicatezza. Prima però fece un tiro di Sinsemilla.
“Le strade a volte si separano, corrono parallele, a volta si incrociano nuovamente per poi dividersi definitivamente o per diventarne una sola. Nessuno può dirlo. Ma cos’è che ti fa paura? Percorrere un pezzo di strada da solo?”
“No! Il problema è che non so dove andare, il problema è che insieme a lei credevo di poter andare ovunque…”
“E ora…”
Lui la interruppe: “E ora ho fatto delle scelte, forse sto scappando, non so quel che è giusto… e neanche mi preoccupa… non è questo che mi interessa.”
“E tutto il resto? Il tuo lavoro, le tue passioni, i tuoi sogni…”
Marco sorrise amaramente: “Nei miei sogni lei era protagonista e nella realtà di oggi lei non c’è.”
Marco stava consumandosi come la canna di Sinsemilla. Provava un dolore mai percepito. Un dolore dell’anima. La distanza, l’assenza, il silenzio: come era possibile tutto ciò? Come poteva capitare una cosa del genere? Erano le domande che Marco si poneva al buio, in silenzio, senza riuscire a darsi una risposta. Ma quelle sarebbero arrivate, al momento giusto, non ora, perché ora, anche se lui non riusciva a capirlo ancora, non era il tempo delle domande: era il momento di stare in silenzio. Era il momento di sentirsi.
Una fase si era chiusa e lui doveva aver solo il giusto tempo per elaborare il lutto.
Una nuova fase si apriva e lui doveva aver il tempo di entrarvi completamente, senza rinunce.
Si era al giro di boa, il vento cambiava direzione e lui doveva correggere il tiro.
Da solo e in silenzio.
Kya capì e non parlò più: in silenzio gli strinse la mano. In silenzio gli passò gli ultimi due tiri di Sinsemilla.

Nessun commento: