venerdì 15 giugno 2007

Rifman Malika

Il Minnie Blu era un locale ricavato da un piccolo appartamento al piano terra di un edificio che, dall’altro lato, sembrava un suicida che si lascerà cadere nello strapiombo sottostante. Nascosto, senza alcuna visibilità su strada. Dovevi conoscerlo e dare un colpo alla porta per accedervi. Come si bussa ad un vicino di casa, come alla stanza affianco, come si usa in un ambiente intimo, per poche persone. Qualche piccola stanza, piccole cappelle laterali di un unico ambiente centrale, dove il bancone rappresentava il centro di gravità, luogo da cui tutto nasce e in cui tutto arriva. Bicchieri pieni che partono, andando in giro per i tavolini, tra le persone in piedi, tra quelle sedute comodamente sui divani, tra archi, porte, pareti… bicchieri vuoti che arrivano, tornando indietro, scegliendo percorsi alternativi, come il figliuol prodigo che ritrova la via di casa, come ognuno nel ruolo di chi l’ha preceduto…
Alcool andava giù e le persone tornavano al bancone diverse.
Alcool andava giù e il brusio di fondo aumentava. Parole spigolose incanalate in sterili discorsi inutili, ingigantiti per celare il silenzio che regna, cominciavano man mano a tessere una tela macchiata di verità…
Marco era in anticipo. Il sole si era fatto spazio tra i nuvoloni del mattino, regalando luce, calore e il motivo per preferire il giardino.
Nella stanza principale del Minnie Blu v’era anche l’accesso al giardino, un piccolo paradiso, incorniciato da alberi e piante e fiori e colori e profumi, che guardava sullo strapiombo, offrendo in dono alla vista uno spettacolare orizzonte.
La città che vive o che dorme.
Piccoli parallelepipedi disposti in maniera frastagliata si mostravano nella loro imponenza. Sicuri della loro immortalità relativa, in altro modo consapevoli che sarebbero sopravissuti alle persone, come indistruttibili, in nessuna maniera frammentabili, ognuno come la più piccola parte non più divisibile.
Ma all’interno di essi, invece, altri solidi, cubi o forse altro…
Scatole cinesi, la più grande che nasconde la più piccola. Visione a strati.
Edifici. Appartamenti. Stanze.
E all’interno le persone che ci vivono, anche queste sicure che non si possa andare più a fondo, che non si possa procedere a sfoltire gli strati e andare in profondità.
In realtà matrioske.
Il giardino, con la sua vista sulla città, forniva questa consapevolezza. E gli avventori in qualche modo lo percepivano. L’alcool aiutava. La mente si apriva.
Marco scelse un tavolino in posizione laterale, ordinò un succo al gusto di mela verde e iniziò a fare una canna.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mik Wheeler (rifman) Is a con man I was with him for 8 years He stole all my money, my home everything to the value of three quarter of a million euroes He said Could he borrow the momey well pay me back Wheeler Im waithing. Still hiding are you Do you want the police up on the farm You know the one you pay the workers so well. Another load of lies.