giovedì 29 ottobre 2009

Postumi di Black Bombay | due

Si erano date appuntamento via sms.
A volte accadono cose che sfibrano lo scorrere del tempo e il tuo orientamento in esso. Passano ore senza che nulla accada: anche la luce che entra dalla finestra cambia, assecondando il moto del sole che scompare dietro i palazzi spenti, ma sembra non farlo. Lo sguardo fisso nel vuoto e la mente gelificata senza che nessuno stimolo sia capace di smuovere quell’ammasso ectoplasmico che pare non avere vita dentro di esso. Immaginando una linea con trattini trasversali che rappresentano l’una dopo l’altra le ore che incessantemente si susseguono, e sforzandosi di concentrarsi nell’intervallo compreso tra due trattini, potremmo visualizzarne altri 59, ognuno per un minuto. Ma a volte lo spazio tra due trattini si dilata e dentro di essi, tra i seondi, tra l’uno e l’uno più uno, in quello spazio infinitesimale, perché lo visualizziamo geometricamente, in quel piccolo segmento della linea che abbiamo immaginato qualche secondo fa e che man mano sta dilatandosi, si pùo sprofondare. È come osservare da un’altezza spropositata una lumaca che cammina. Ogni millimetrico spostamento non sarebbe percettibile. Sembrerebbe semplicemente tutto fermo.
Cristallizzato.
E poi succede che in secondo mille pensieri arrivino e mille paure e mille sensazioni.
In questo caso è tutto concentrato. I trattini si avvicinano, quasi si sfiorano. Si condensano. E sembra che stia succedendo tutto insieme.
Tutto a noi.
Tutto nel medesimo istante o giu di lì.
In 4 secondi, se sono quelli giusti, può cadere un impero.
Si erano date appuntamento via sms. Nonostante ciò, quando Kya bussò alla sua porta, le sembrò di sprofondare nel panico: credeva di avere ancora molto tempo per sé, sola, per rimettersi in piedi e a rimettere in ordine. Perché tutto avesse una certa parvenza di normalità. Perché tutto ciò che si fosse trovato fuori posto avrebbe potuto ssere liquidato con una banale scusa. Il frigo vuoto. Il buio della sua stanza.
Avrebbe desiderato più tempo. Per essere pronta a fingere. Almeno finchè avesse voluto.
E invece il nemico è alle porte. L’ultima battaglia alle porte dell’impero, per difenderlo, per evitare che cada. Per un attimo pensò di non aprire: battere in ritirata. Ma l’attimo dopo una lucidità improvvisa le fece vedere il campo dall’alto, con le sue insidie e i suoi punti strategici.
Era curioso che avesse pensato a Kya come al nemico. Era curioso come le opinioni sulle persone potessero cambiare se considerate in contesti differenti o semplicemente in momenti storici diversi.
Kya non era un nemico: era l’alleato giunto in soccorso.
Si fece forza sulle braccia. Strinse con le mani i bordi del water e spingendo sulle braccia si rialzò con uno sforzo immane. Conservò le ultime energie per tirare lo sciaquone. E per andare ad aprire.
Era parecchio che non si vedevano, ma non abbastanza. L’espressione di Kya, quando vide il volto di Luisa, e il suo corpo smunto, non appena la porta si dischiuse fu chiara. Gli occhi le si sgranarono lentamente, con la stesa velocità con cui gli angoli della bocca si abbassarono in una smorfia di spavento. E di dolore.
“Luisa…” riuscì a dire a malapena.
Ma lei le aveva già voltato le spalle incamminandosi verso il corridoio in ombra.
A Kya sembrò che avesse iniziato a piangere.


1 commento:

Anonimo ha detto...

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